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Abelis a Milano – Alessandro Zaccuri ci regala una pagina del suo romanzo

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In vista della Presentazione di Abelis, Alessandro Zaccuri ha scelto una pagina del suo ultimo romanzo per i lettori del blog Come Gesù. Ecco cosa dice l’autore della sua ultima opera. ”Il titolo al quale avevo pensato all’inizio era Uomini di Dio, che nel frattempo è stato adoperato per un film (e che film). Ho l’impressione che, alla fine, lo avrei cambiato comunque, perché Dopo il miracolo non è soltanto la storia di un gruppo di seminaristi che si trovano a fronteggiare la presenza del mistero in senso reale, non metaforico. Si tratta, semmai, del tentativo di descrivere un mondo in cui non tutto è preordinato dalle leggi di natura e dunque la possibilità del miracolo è qualcosa di concreto, che rende la nostra vita più vasta, più interessante, in definitiva più divertente. In ogni credente si nasconde un miscredente, certo. Ma mi piace pensare che la sfida del dubbio possa essere giocata a ruoli invertiti, di modo che anche «chi crede / che la realtà sia quella che si vede» provi a fidarsi del fatto che «tutte le immagini portano scritto: ‘più in là’»”. Ecco qui sotto la pagina. È quella dove si racconta dell’incontro del protagonista, don Alberto (il prete che non crede nei miracoli) con la sorella Teresa.

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Non la vedeva da Natale, l’unica giornata che aveva accettato di trascorrere nella casa in cui era nato e che, a ogni ritorno, gli sembrava più cupa e sciatta. Si erano ritrovati loro due, a sorbire tortellini in silenzio di fronte al televisore che Teresa teneva sempre acceso. Più tardi si era soffermato davanti alla libreria che aveva ospitato la sua prima collezione di classici. Un bel guazzabuglio anche quello, messo insieme accumulando tascabili squinternati e saccheggiando il deposito dei pontremolesi dove ogni tanto, tra pile impolverate della vecchia Bur, potevi trovare un volumone Utet a prezzo d’occasione. Gli scaffali erano stati svuotati da tempo e al posto di Platone e di Spinoza c’erano adesso annate sbilenche di «Intimità», qualche romanzetto d’amore e i numeri più recenti della «Squilla», letti e riletti finché non fosse maturata in Teresa la certezza che di don Alberto, anche quella volta, non si facesse parola.
A distanza di sei mesi, la sorella si era fatta ancora più piccola e grigia, più incerta e stretta nelle spalle. Lo guardava come sempre, con l’umiltà senza scampo di chi si scopra, un istante dopo l’altro, in soggezione nei confronti della vita.
«Scusami, sai, non volevo disturbare, con tutti gli impegni che hai…» cominciò a giustificarsi. Dimostrava molto più dei suoi quarant’anni. Fin da bambina, quando indossava i vestiti smessi dall’altra sorella, era apparsa quello che adesso era diventata: una creatura sconfitta e sola, incapace di comprendere il mondo.
«Non mi disturbi» mentì don Alberto. La scarsa confidenza poteva essere una benedizione, in certi casi. Ci si poteva illudere che Teresa non si fosse accorta del fastidio che incrinava la voce del fratello.
«Solo per farti un saluto, al telefono mi pareva brutto, come se non volessi salire da te…» continuava a ingarbugliarsi la poveretta.
«A dire la verità mi stanno aspettando» provò a ribattere don Alberto.
«Eh, sono arrivata così presto perché lo so, come va qui in seminario. Ti lascio subito, scusa ancora. Volevo solo vedere se stavi bene. Stai bene?»
Il prete annuì, si sforzò di sorridere. Più in là non riusciva a spingersi.
«Ah, sono contenta. Li leggo anch’io i giornali, sai? Volevo portarti “La Provincia”, ma poi non ho fatto in tempo. No, anzi: mi è venuto il dubbio che non era il caso. Ho sempre paura di sbagliare, mi conosci.»
«Teresa, c’è qualcosa che non va? Ti posso aiutare?»
«Se stai bene tu, va tutto bene. Ma io volevo dirti una cosa. Volevo dirti che non importa, ecco. Il miracolo, se l’hai fatto o no.»
«Ne abbiamo già parlato quando è successo, ti ricordi? Anche a Natale tu mi hai chiesto e io ti ho risposto. Non c’è stato nessun miracolo.»
«Sì, sì, figurati se non mi ricordo. Ma a Natale questa cosa, per me, era ancora importante. Mi sembrava un segreto fra te e me. Un segreto di famiglia, se si può dire. Adesso non m’importa più. A me basta sapere che sei mio fratello e che mi vuoi un po’ di bene.»

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